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FARMACI

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Nell'antica Grecia φαρμακÏŒς era sia la sostanza tossica sia il medicamento. Nel IV secolo a.C. Ippocrate definiva farmaci tutte le "sostanze capaci di provocare modifiche funzionali nell'organismo".

Immaginiamo quante forme di cura della persona possano modificarne funzionalmente l'organismo ed essere dunque "farmaci" senza passare dalla chimica, soprattutto se pensiamo all'attuale visione psicosomatica e meglio ancora biopsicosociale.

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Eppure con il termine medicina spesso intendiamo proprio il medicamento, la cura da assumere o somministrare, quello che le lingue anglosassoni più esplicitamente chiamano drug, dall'etimologia che richiama l'estratto "secco" (dry) di un principio naturale, attivo sull'organismo nel cambiarne temporaneamente lo stato psicofisico.

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Nel 1894 il medico canadese William Osler affermò che "il desiderio di prendere medicinali è innato nell'essere umano: è proprio questo uno dei maggiori ostacoli contro cui dobbiamo lottare". In realtà molti farmaci hanno offerto alla vita delle persone indiscussi benefici. Se pensiamo che a metà del XX secolo la vita media era molto inferiore all'attuale, perché non c'erano terapie efficaci per molte patologie infettive, endocrinologiche, neurologiche, cardiovascolari, post-traumatiche, genetiche, degenerative e oncologiche...dobbiamo essere davvero grati alle scoperte della scienza farmacologica.

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Dopo aver tratto nel XIX secolo alcaloidi, glucosidi, grassi, sali, essenze ed antibatterici dai mondi vegetale, animale e minerale, i primi farmaci di sintesi chimica hanno immesso sul commercio nel XX secolo i medicinali industriali, autorizzati attualmente da organismi come la FDA (Food and Drug Administration), l’EMEA (Agenzia Europea per i medicinali) e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Nel XXI secolo si sono aggiunte le biotecnologie e l'ingegneria genetica, rendendo - fino a prova contraria - più sicuri molti farmaci di derivazione naturale.

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La farmacodinamica, la farmacocinetica, la tossicologia e la più moderna farmacogenomica studiano le dosi più sicure ed efficaci per peso, età, condizioni cliniche e metaboliche e patologie, gli effetti secondari e collaterali. Lo scopo è migliorare il "profilo di sicurezza" dei farmaci. Farmacoeconomia, farmacoepidemiologia e farmacovigilanza monitorano gli effetti sulla qualità di vita dei farmaci immessi sul mercato.

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L'allungamento della vita e il generale miglioramento della sua qualità conducono alla falsa aspettativa che POSSA ESISTERE UNA PILLOLA PER GUARIRE DA OGNI MALE. A volte il male è un segnale, un sintomo, da contenere, ma non da nascondere sempre e comunque. Perché il segnale talora ce lo manda la natura per cambiare qualche atteggiamento o per metterci in guardia.

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NEI BAMBINI

 

I farmaci degli adulti non sono mai somministrabili tout court ai bambini aggiustando la quantità: va sempre consultato un medico pediatra per valutarne la necessità e la dose dei farmaci. Essi devono essere stati studiati specificamente sui bambini. Questa va calcolata per il peso e non semplicemente per l'età.

LEGISLAZIONE

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Il D.L. 219 del 2006 definisce "medicinale" le sostanze con proprietà curative, profilattiche o diagnostiche, che ripristinano, correggono o modificano funzioni fisiologiche, mediante azione farmacologica, immunologica o metabolica. L'anno prima sono stati definiti "equivalenti" o bioequivalenti quei farmaci che in precedenza venivano chiamati "generici", ossia autorizzati con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica, la stessa via di somministrazione e le stesse indicazioni terapeutiche di un medicinale dalla copertura di brevetto scaduta. Questo permette di risparmiare sul prezzo al pubblico (il risparmio è consentito da una riduzione dei costi di marketing e non dovrebbe gravare sui controlli di qualità e sulla ricerca). La variabilità ammessa nel farmaco bioequivalente è dall’80 al 125% non della quantità di principio attivo (che dev'essere per legge equivalente!), ma della biodisponibilità, ossia della variabilità di assorbimento.

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